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~ Da Berlino il blog bicefalo che non parla tedesco ovvero due campagnoli veneti nella grande città.

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Archivi Mensili: settembre 2015

Kaffeeklatsch

21 lunedì Set 2015

Posted by Ale in Ale

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Sono seduto a uno dei tavolini esterni della pasticceria all’angolo tra Auguststraße, Koppenplatz e Große Hamburger Straße. Alla mia destra, due tavoli più in là, una signora sola sulla settantina con un viso molto bello, una camicetta elegante con colletto rialzato, blu, una giacca di pile grigia, dei fuseaux neri con motivo batik e dei calzini di spugna bianchi, senza scarpe. Parla da sola, con un sottovoce baritolane, e fuma. Si racconta il proprio passato, usando il Präteritum, che in italiano si traduce con il passato remoto o l’imperfetto, a seconda.
La sua voce è molto espressiva; il tono calmo, a momenti divertito. Parla a fiume di vicende personali e nazionali. È molto rilassante ascoltarla. Non si lascia disturbare da nessuno: né dai passanti né dai passeri che cercano briciole. Giusto un colpo di tosse ha interrotto per qualche secondo il suo racconto.
Mi fa piacere constatare che questa pasticceria tradizionale, con torte e caffè alla tedesca, ancora resiste in questo quartiere. Oggi, domenica, è molto frequentata. Io mi sto bevendo un caffè dopo aver visitato una mostra. Gli altri avventori sembrano in gran parte gente che abita nelle vicinanze, resistenti come la pasticceria e il supermercato di fronte. C’è anche qualche frequentatore della Berlin Art Week. Seduti fuori, oltre a me e alla signora che racconta, una coppia di fumatori sulla quarantina, anonimi.
Cerco di seguire il racconto della signora, ma non è facile. Un po’ perché farfuglia, un po’ perché il suo è un parlare rivolto verso l’interno. Colgo solo qualche frase qua e là.
Ora si sta rivolgendo ai passeri. No, non è esatto: si è piegata in avanti sulla sedia abbassando il viso verso il marciapiede e guarda questi due uccellini, sorridente, con la testa un po’ inclinata di lato come quando si parla a qualcuno in modo affettuoso e scherzoso, continuando il suo discorso interiore senza bisogno di risposte o ascoltatori. È come se le sue parole e i suoi gesti non fossero collegati fra di loro: il suo corpo sta comunicando con i passeri mentre le sue parole seguono un movimento autonomo e indipendente dall’esterno. È consapevole di quello che le succede attorno e interagisce con il mondo esterno: quella Coca-Cola deve averla ordinata qui.
Dalla pasticceria esce la ragazza genderqueer che prima era alla cassa del museo. Ha in mano il libro di un autore che ho amato molto.
Improvvisamente, la signora che parla si alza. Sta ferma un attimo tra il marciapiede e la strada, senza smettere di parlare. Facendo attenzione a non infilare i piedi nella pozzanghera tra le due auto parcheggiate, scende in strada, mi guarda, mi saluta e se ne va.
Mi ha salutato guardandomi negli occhi, sorridendo e pronunciando un “Ciao” un po’ furtivo ma chiaro, con un tono diverso da quello del suo racconto. Era un saluto chiaramente rivolto a me, estraneo al suo racconto.

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Scoiattoli e ghiandaie e musei

03 giovedì Set 2015

Posted by Ale in Ale

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Giovedì scorso Lupo e M. mi hanno portato all’inaugurazione di questa mostra al Museum für Naturkunde.
E chi ti trovo in vetrina nella prima sala dopo gli scheletri dei dinosauri? Il povero Knut e due tra i più cari visitatori del mio giardino: scoiattolo e ghiandaia. Trattandosi della sala dedicata alla tassidermia, la visione è stata traumatica:

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Tra l’altro venivo già sconfortato dalla visita (guidata) di questa mostra del Bode Museum dedicata alle opere d’arte delle collezioni berlinesi andate perdute alla fine del secondo conflitto mondiale: predate dai sovietici? Bruciate negli incendi che nel maggio del 1945 devastarono il deposito allestito nel bunker di Friedrichshain dove svariate opere erano state immagazzinate per salvarle dai bombardamenti? In molti casi non si sa che fine abbiano fatto.
Una mostra tutta in assenza, ovvero con riproduzioni fotografiche dei quadri — il signor Bode aveva fatto fotografare tutti i pezzi esposti al Kaiser Friedrich Museum, ovvero l’odierno Bode Museum — e copie in gesso da calchi antichi delle statue ora disperse, o in presenza fortemente danneggiata dalla guerra, e in alcuni casi successivamente restaurata. A volte restaurata male, come illustra il caso dei due portascudi di Tullio Lombardo.

PIC_0656

Sulla figura che vedete a destra i restauratori (russi, se non sbaglio) negli anni ’50 e ’60 tentarono di rimuovere lo strato di marmo bruciato con acqua ossigenata e becco di Bunsen. Non un’ottima idea.

PIC_0681

Ricostruirono anche alcune parti mancanti con molta finezza ma utilizzando un materiale (resina di poliestere) impossibile da rimuovere in futuro senza danneggiare ulteriormente la statua.

Qui, in due fotografie in bianco e nero scattate dal team di Bode, vediamo che aspetto avevano gli originali e come nell’ultimo decennio del Quattrocento si scolpivano gli uccelli come dio comanda:

PIC_0665

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La visita guidata, tenuta da uno studioso parigino di Donatello, è iniziata con un Botticelli del quale è rimasta solo la cornice, troppo ingombrante per essere trasportata nel bunker, ed è finita con un san Giovanni Battista in bronzo rifatto in gesso grazie ai vecchi calchi conservati nella Gipsformerei. Qui vedete una stampa della fotografia bodiana del Botticelli, con cornice sopravvissuta:

PIC_0626

E in fondo a questa bellissima galleria fotografica del blog ufficiale dei musei statali berlinesi trovate il Giovanni Battista in gesso dipinto.

Uno dei reperti più emozionanti (e fotogenici) è stato questo amorino di Duquesnoy che intaglia un arco, o meglio lo intagliava fino a quando la seconda guerra mondiale non glielo strappò via assieme alle ali:

PIC_0695

In primo piano vedete quel che resta dell’originale, sullo sfondo la copia in gesso. E qui sotto il particolare dell’orecchio perforato, probabilmente da un proiettile:

PIC_0691

Qui il gesso integro:

PIC_0673

Di questa bellissima statua che agli inizi del Novecento veniva ancora considerata un san Giovanni Battista di Michelangelo, e la gente veniva a frotte ad ammirare il Michelangelo berlinese, mentre oggi è ritenuto un Aristeo realizzato da uno dei fratelli Pieratti, nella mostra era esposta solo la riproduzione in gesso perché altro non c’è da esporre:

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Sullo sfondo della penultima foto scattata dal vostro blogger scorgete anche la fotografia in bianco e nero del primo san Matteo di Caravaggio, una delle perdite che più mi fanno soffrire.

Lo studioso parigino, esperto di arte moderna italiana, che ci guidava in questo lazzaretto e obitorio di opere d’arte diceva che tra le perdite più drammatiche c’è anche l’Educazione di Pan di Luca Signorelli.

Per quanto riguarda i quadri scomparsi molto probabilmente dobbiamo attaccarci al cazzo, anche se qualche anno fa è per esempio venuta fuori una Madonna con bambino italiana che un soldato statunitense si era portato a casa (in mostra l’originale restituito di recente da un discendente del soldatino) e probabilmente altri quadri sono nascosti chissà dove, ma moltissimi sono andati bruciati nell’incendio del bunker e non li rivedremo mai più.

Tra il 1958 e il 1959 l’URRS restituì alla DDR un milione e mezzo di oggetti trafugati dall’armata rossa ma, se non ho capito male, si suppone che un altro milione di pezzi si trovino ancora in Russia. Tra le cose che i russi restituirono in quell’occasione, anche diversi frammenti dell’altare di Pergamo. Non lo sapevo.

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