L’altro giorno io e P.etra (la nuova stagista) siamo scesi in strada per fumarci una sigaretta. P.etra alza il colletto del cappotto e ci affonda tremando la testa. “Cos’è? Fa vedere…” Le mostro la spilletta che mi ha comperato Lupo qualche sabato fa alla manifestazione ani-neo-nazista di Adlershof: un omino playmobil con baffetto nero dietro un cerchio rosso sbarrato: “Sì, molto meglio dell’anno scorso: non c’erano solo stronzetti antifa… i vecchi socialisti della DDR, pensionati, con la spilletta, il fischietto e il palloncino dei verdi “NEIN ZU NEONAZIS” assieme ai punk adolescenti… che poi in S-Bahn un tifoso dell’Herta ha fatto scoppiare il palloncino di Lupo con una matita e una sua amica è poi venuta a chiedermi se poteva rompere anche il mio… “Perché?”, le ho chiesto, e lei: “Perché è stupido”, e un ragazzino con i dreadlocks si è alzato e ci è venuto vicino…”
“Posso vedere anch’io?” sentiamo da lontano. Ci voltiamo e vediamo una vecchia signora con una giacca a vento verde aperta e i capelli bianchi spettinati avvicinarsi a noi.
“Certo”, le dico, un po’ spaventato.
Le mostro la spilletta.
“Bella. Siete fidanzati?”
“No. Siamo colleghi. Lavoriamo qui, in un ufficio.”
“E quanti anni avete?”
“Io quasi ventinove.”
“Venticinque.”
“Sapete quanti anni ho io?”
Penso, sottraggo: “Sessantaquattro?”
“Settantacinque° l’anno prossimo. Mio marito è dal dottore, arriva tra un attimo. E sapete com’è andata? Sono stata io a sedurlo. Io avevo vent’anni, lui sedici. Al tempo non ci si poteva sposare prima di aver compiuto ventun’anni, ci voleva il permesso dei genitori. I nostri papà erano morti, e la sua mamma disse: “Non ti darò mai il permesso di sposare quella cretina.”°° E poi invece ci siamo sposati. Prima stavamo con la mia mamma, che era cieca, a Treptow. Poi lui ha trovato lavoro a Kreuzberg e ci siamo trasferiti lì, in un appartamento piccolissimo, con la mamma, e dopo qualche mese hanno costruito il muro. Tutte le cose sono rimaste nella casa di Treptow: le fotografie,… tutto. E la mamma è sempre stata con noi.” Si chiude le giacca. Fa freddo. “Non vedeva niente, non sapeva né leggere né scrivere. La firma sì: le abbiamo insegnato a firmare, perché per certe cose serve. Era tanto buona. Ma non lo so, non ho mai capito bene: un dottore quand’era bambina le ha spruzzato qualcosa negli occhi, non lo so, è sempre stata cieca. E quando siamo andati in vacanza in Italia, al lago, ce la siamo portata dietro. Non abbiamo mai avuto molti soldi, avevamo due tende e una mattina ci siamo svegliati e la mamma non c’era più. L’abbiamo cercata e l’abbiamo trovata in acqua: si stava facendo una passeggiata in acqua. Le ho voluto tanto bene. La nostra macchina è quella lì. Mio marito lavora in una rimessa di barche a … Conoscete? No? Ripara barche, e le costruisce. Sì, ha parcheggiato laggiù. Bene. Allora vi saluto. Anche a voi. Ciao.”
° Visto quello che dirà in seguito, probabilmente sessantacinque.
°° “blöde Kuh”: oca; letteralmente: mucca scema.
Ale