C’è spazio per una decina di chili di piastrelle di Delft.
Lo zaino è pronto
21 domenica Lug 2013
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in21 domenica Lug 2013
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20 sabato Lug 2013
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inDue sedute lampo di fisioterapia e, visto che domani sera parto per l’Olanda, per rimettermi prima del viaggio (undici ore di corriera) molto riposo e quattro diversi esercizi, da fare supino o sdraiato su un fianco, per rinforzare i muscoli.
Appurato che con questo colpo della strega il mio corpo ha voluto dirmi “E mo basta!”, le parole dolci della mia fisioterapista olistica e dei miei amici mi hanno spinto a mettermi d’impegno e concentrami sulla preparazione di questa vacanza, oltre a scatenare una serie di riflessioni esistenziali e un paio di rigurgitini emotivi.
Fatto sta che, supino, ho finito di leggere di Haarlem, Leida e Delft sulla vecchia guida DuMont che avevo preso la settimana scorsa in biblioteca — scartato il giro in bici sulla diga dell’IJsselmeer — ma alla fine, visto che rimango pur sempre un distratto cronico, mi sono dimenticato di approfondire Hoorn e invece mi sono perso su Amsterdam, che avevo deciso di evitare proprio perché sapevo che è un pozzo senza fondo. Mi sono detto: “Leggo solo dei palazzi sui grachten”, e poi mi sono impantanato sulla Amsterdamse School di Michel de Klerk, sul caput mortuum che mescolavano nel Seicento all’olio di lino con cui impregnavano i mattoni e sul mummy brown, che non c’entra un benamato cazzo. E devo ancora finire di preparare lo zaino.
19 venerdì Lug 2013
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inSi dice che a Berlino solo un’estate su quattro sia una vera estate. Direi che quest’anno ci siamo. Da quanto mi è dato capire dal mio isolamento tutto casa e ufficio, interotto di tanto in tanto per un gelato con MA, una birra con Kartch, un film con G. o una pizza con Lupo e M., mi sembra che i berlinesi in queste settimane siano molto su di giri e cerchino di trascorrere più tempo possibile all’aperto. Sarà per questo che in certi distretti e su certi giornalacci è tornato l’allarme “sesso in pubblico”?
18 giovedì Lug 2013
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in16 martedì Lug 2013
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inIeri notte, rientrando a casa dalla cena non cena, ho notato che lo zerbino davati al mio appartamento era per metà bagnato. Ho pensato: Ecco, è scoppiato il rubinetto della cucina. Sono entrato in casa tutto angosciato, aspettandomi di trovare il corridoio allagato: tutto okay. Mah, ho pensato.
Questa mattina esco di casa per andare in ufficio e vedo che lo zerbino non si è ancora asciugato. Penso: Sarà uno dei gatti dei vicini che ci ha pisciato sopra? Mi sono accucciato per annusare e ho notato uno stronzetto rinsecchito a 5 cm dallo zerbino. L’ho raccolto con un fazzoletto e mi sono accorto che non era uno stronzo di gatto bensì un lumacone disidratato! Mai vista una cosa simile.
Perché un lumacone viene a disidratarsi davanti alla mia porta di casa?
16 martedì Lug 2013
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in… e il post sul weekend con mammà. Vi parlo della mostra che ho visto ieri l’altro al Bethanien.
Domenica pomeriggio, su consiglio della francese matta giramondo, sono stato al Bethanien a vedere la mostra del Kunstraum Kreuzberg Wir sind hier nicht zum Spass, ovvero: Non siamo qui per niente, ma anche: Non siamo qui per divertirci. Il sottotitolo recita: “Collettivi e strutture subculturali nella Berlino degli anni ’90”. La mostra in realtà si concentra quasi esclusivamente sulla scena elettronica, ignorando i punk o posti come il Køpi e sfiorando appena la cultura gay — in un lavoro esposto si citano il mitico O-Bar di Kreuzberg, che forse però era più un’istituzione degli anni ’80, e l’hausprojekt Tuntenhaus, nella sua seconda incarnazione (Mainzer Straße). E il fulcro della scena presa in esame dai curatori sono i quartieri della ex Berlino Est, soprattutto Mitte, con questi giovani, in gran parte provenienti dalla ex Germania dell’Ovest, che si appropriavano dei vuoti lasciati dal crollo della Ddr e, come nel caso di The Glowing Pickle, degli oggetti abbandonati da industria e privati.
La mostra mi è sembrata molto interessante, soprattutto in relazione a quel discorso che si fa spesso tra noi berlinesi d’elezione, tedeschi o meno: “Eh, Berlino non è più quella di una volta…”. E tutti pensiamo che sia la nostra la vera Berlino.
Molto suggestivi i cimeli raccolti da Heinrich Dubel (e divertenti le sue didascalie, in alcune delle quali rivela di aver dimenticato l’evento che l’oggetto dovrebbe ricordare): tagliandi d’ingresso di vari locali, braccialettini di concerti, un cubetto di porfido, un foglietto sgualcito proveniente da una notte di bevute in una “Prollkneipe” di Neukölln. Qui una maglietta di McDonald’s a tema Love Parade e l’ago con cui Miss Kittin si è tatuata Inhale Exhale:
La didascalia in realtà dice: “Con questo ago si sono coperti gli orrendi tatuaggi degli anni Ottanta”, ma nel catalogo della mostra si dice che è appunto l’ago usato da Miss Kittin per quei due famosi tatuaggi.
L’opera in assoluto più interessante, che dà anche il titolo alla mostra, è Wir sind hier nicht zum Spass (2013) di Paul Paulun: un video di un’ora e mezza che raccoglie immagini di repertorio e stralci di diverse interviste ad alcuni protagonisti della scena artistica e musicale (techno, drum and bass e via dicendo) di quegli anni. Tra i collettivi, festival, “progetti”, “spazi” e party leggendari che non avevo mai sentito nominare: Friseur, SNIPER, hard:edged, sensor, allgirls, Honey-Suckle Company, Radiobar, Internationale Stadt, Berlin Beta, Jugendmusikfestspiele, flora & fauna. Ho anche comprato il catalogo quando ho visto che contiene le trascrizioni delle interviste: prossimamente me le leggerò con calma, perché vorrei per esempio approfondire il discorso “friendly capitalism” e prime sponsorizzazioni di party (Nike, per esempio).
Qui un video di Daniel Pflumm del 1995 che documenta la demolizione dell’edificio di Mauerstraße che ospitava l’Elektro:
Qui una foto, scattata nel 1998 da non so chi, di una serata della galerie berlintokyo:
Io al tempo ero in Erasmus a Swansea. E ascoltavo brit pop e, appunto, drum ‘n’ bass.
Gli unici nomi che ho riconosciuto sono ACUD, De:Bug, Roter Salon, WMF, White Trash Fast Food e Hard Wax. E una delle protagoniste della scena commemorata da questa mostra è diventata poi una delle fondatrici della libreria Pro qm. Tra l’altro, il 13 agosto un altro dei fondatori di Pro qm parteciperà a una tavola rotonda organizzata dal Kunstraum Kreuzberg dal titolo: A chi appartiene la città? Domanda che Zitty si pone abbastanza regolarmente.
Conosco la Berlino di quegli anni solo per sentito dire, dai racconti di Kartch (amico) e Hackepeter (ex collega): quando Hackescher Markt era ancora tutta annerita e Mitte era buia e silenziosa, piena di appartamenti vuoti. Nel marzo del 2002, quando io e Lupo arrivammo a Berlino, Mitte era già stata abbondantemente ripulita. Non ricordo se fosse già invasa da quelle comitive moleste di “inglesi” ubriachi; forse sì. C’erano ancora la Love Parade e l’Ostgut, le case occupate di Rigaer Straße e Liebigstraße, lo Yorck59; si vedevano ancora in giro le cose di Jim Avignon (per esempio, nei primi numeri di Exberliner), il Tresor era ancora ospitato nell’ex caveau dei grandi magazzini Wertheim in Leipziger Straße e le puzzone dello Schwarzer Kanal stavano ancora accampate di fronte allo Schillingbrücke, dove oggi c’è la sede del sindacato Ver.di. Sebbene fossimo molto mobili, nei primi anni a Berlino il quartiere di riferimento per me e Lupo era comunque Kreuzberg e, visto che i nostri primi amici tedeschi erano un po’ puzzoni (tra antifa, autonome e antideutsch), la scena che bazzicavamo di più era quella punk. Io avrei tanto voluto andare all’Ostgut, dove un amico di G. lavorava come skin delle pulizie, ma ho sempre rimandato finché un giorno non l’hanno chiuso. Credo che il nostro primo contatto con la scena elettronica risalga all’estate del 2003, quando ospitammo a casa nostra per un paio di settimane questo scrittore che stava preparando un libro sulla Love Parade: ricordo un party bellissimo in un posto sgangherato sotto la ferrovia di Jannowitzbrücke… Io e Lupo lo accompagnammo anche negli uffici di Pfandfinderei e BPitch Control… Ho appena consultato i miei vecchi diari e ho ritrovato il flyer di quella serata a Jannowitzbrücke: il locale si chiamava Golden Gate — lo stesso che c’è anche oggi? mah, non ci sono più tornato — e la line-up era: Einmusik DJ-Team Hamburg, Transformer di Roboter, Alice & Bob, Benji DF, DJ-Ana, Tesla. Parentesi: riprendere in mano i miei vecchi diari non è una cosa che faccio spesso e per fortuna, mi viene da dire: è come tuffarsi in una piscina di merda. Queste frequentazioni elettroniche al seguito dello scrittore ospite sono rimaste a lungo un caso isolato: per anni con G. & Co. abbiamo continuato a frequentare soprattutto posti rock ‘n’ roll. Per dirvi, l’unico party dello SchwuZ che frequentavo quando ancora ogni tanto uscivo a ballare era SubworxX, ovvero la serata rock, che è poi diventata Search & Destroy. Poi iniziò la fase electropop della nostra amica A., coi concerti di Räuberhöhle, Minipli 550 (poi 225) ed Egotronic, e da lì mi sono tuffato nel mondo della musica elettronica. E sono stato per la prima volta al Berghain, erede dell’Ostgut. Quando sarà stato? Lupo parla dei Minipli 550 in un post di gennaio 2004… Oddio, eravamo a Berlino da nemmeno due anni. Boh. Non ci capisco più niente. “I’m glad I can’t remember”? Non so.
Chiudiamo con le foto che ho scattato uscendo dal Bethanien e non pensiamoci più.
Grande Puffo dice: Libertà o morte. Lungo questa ringhiera si fumava quando si andava alle inaugurazioni del Bethanien (direzione di Stéphane Bauer). Cavolo, ho pensato domenica, da quanto tempo non venivo più al Bethanien.
Questa l’ho scattata in bagno col cellulare perché c’era troppa poca luce e la JVC non registra una cippa quando c’è poca luce.
Questo pezzo risale, se non sbaglio, all’edizione del 2005 della mostra collettiva di street art Backjumps (ho recuperato una mail dove dicevo a un tizio conosciuto a un concerto di andare a vederla). Quanto dovrei sfogliare tra diari e archivi vari per scoprire quand’è che ho smesso di andare a feste e concerti? Che poi, mi chiedo, ho smesso perché sono diventato vecchio e ho cambiato interessi o perché ho finalmente capito che feste e concerti non fanno per me? Per i concerti direi che è andata così: ci sono sempre andato per uno slancio non mio e non mi sono quasi mai divertito; poi ho appunto scoperto che il formato concerto non mi piace punto e basta. Comunque, ora devo chiudere senza troppo rileggere perché ho altro da fare e non posso passare i prossimi giorni a limare questo post. Mi scuserete. Vi lascio con queste tre foto un po’ malinconiche.