Domenica di Pentecoste:
Concerto di musica elettronica a teatro. La Volksbühne di Rosa-Luxemburg-Platz ha ospitato domenica scorsa nove dj e musicisti contemporanei e non so quanti spettatori sudanti, beventi, fumanti e, dalla seconda metà della serata in avanti, danzanti.
Durante la prima metà eravamo ancora tutti seduti sulle nostre brave poltroncine e gli artisti si esibivano sul proscenio con un maxischermo calato davanti al sipario alle loro spalle. Il migliore è stato senza dubbio T. Raumschmiere, che ha raccontato dal vivo una storia per suoni sintetici e immagini geometriche essenziali. Gli altri trascurabili.
Per la seconda parte del programma è stato alzato il sipario, la postazione dei musicisti si è spostata indietro di una trentina di metri contro il fondo del retropalco e gran parte del pubblico ha abbandonato le poltroncine per stare in piedi su questo palcoscenico espanso e ballare o semplicemente tenere il naso alzato verso le consolle e i sintetizzatori. Le porte verso i foyer e le gallerie sono state spalancate nel tentativo di far girare un po’ d’aria in questo vecchio teatro degli anni ‘10 surriscaldato e per permettere al pubblico di muoversi liberamente tra il palco, i corridoi, le varie zone bar, l’ingresso e la piazza.
Apparat si è esibito assieme a Raz Ohara. Una cosa insopportabile, con chitarre e pianola e voci angeliche. Lupo ha evocato gli odiati Radiohead e ha tuttavia resistito. Io ho preso la strada della perlustrazione del teatro, con i capannelli di nottambuli post-anni ’80 e le installazioni di Jonathan Meese. Bottiglie e bicchieri di plastica, vuoti o con qualche mozzicone, e un’aria densa alimentata da migliaia di fiati e centinaia di corpi. In questo teatro vidi “Bestia da stile” con Robbè, Silvia e Manfredo. La prima era ora con Lupo sul palco a sudare. Ripensando all’esibizione di TRANSFORMA + O.S.T. PLAY SYNKEN e al loro video mi sono chiesto perché la musica elettronica debba essere sempre così oscura e claustrofobica. O così o psichedelica trasognata del cazzo, o tribaleggiante. Mi manca una musica elettronica che suggerisca stati di serenità più quotidiana, o anche di euforia, perché no. Non so. Forse semplicemente non la conosco. Forse c’è già e si chiama house o dance. Forse non mi va mai bene un cazzo. Improvvisamente faceva freddo in Rosa-Luxemburg-Platz.
Dopo essermi procurato una käsestange e un succo di mela sono rientrato. Mi sono andato a sedere su una poltroncina laterale e ho osservato il palco occupato dai musicisti e dai loro spettatori che li ascoltavano muovendosi lentamente. E i visuals sul nuovo schermo circolare alle loro spalle. Poi all’improvviso Raz Ohara ha abbandonato la scena e Apparat ha attaccato di botto a lanciare una sequenza di bassi vibranti che hanno scosso a tutti le gambe. Da lì in avanti il movimento si è propagato sul palco e in platea. Le immagini sullo schermo si sono incendiate. Io mi sono alzato, ho tolto i tappi dalle orecchie e ho raggiunto la massa danzante.
Quando il bis si avvicinava alla conclusione è comparsa dietro una consolle fino a quel momento inutilizzata Ellen Allien, che è andata subito ad abbracciare Apparat e ad appoggiargli un bacio sulla faccia.
Quando i due si sono passati il testimone sullo schermo sono apparsi i visuals dei Pfadfinderei. La dj ha fatto il suo dovere, con professionalità ma con poca passione. Dopo un’oretta io e Lupo ce ne siamo andati, lasciando la Robbè a continuare a sudare e a godersi anche un po’ di James Holden. Lungo la via di casa Lupo mi ha raccontato di aver sentito al cesso due scandinavi pronunciare il nome di Ellen Allien senza elle.
Lunedì di Pentecoste:
Raduno di protesta sull’Unter den Linden davanti all’ambasciata russa. Eravamo un centinaio di persone, sullo spartitraffico sotto i tigli. Pochini. Soprattutto maschi. Hanno parlato: Claudia Roth, segretaria nazionale dei verdi, frociara storica e impegnatissima, nonché ex-manager dei Ton Steine Scherben di Rio Reiser; Petra Pau, parlamentare del Linkspartei.PDS (ex-SED); un pezzo grosso dell’LSVD; un tizio con un cartellino attaccato alla giacca che fungeva un po’ da moderatore. C’erano anche i liberali dell’FDP, silenziosi. Un manifestante aveva appeso alla borsa un cartello che recitava: “Libertà per i gay e le lesbiche russi. Volker Beck [il verde tedesco arrestato assieme a Vladimir Luxuria e Marco Cappato] potete tenervelo.” Tutta la mia approvazione.
Mentre parlava uno dei politici e i giornalisti fotografavano e riprendevano, un altro manifestante ha urlato in direzione del cancello dell’ambasciata una cosa in russo: “zapata!”, o una cosa simile. Il giorno dopo ho chiesto in ufficio alla mia collega georgiana. Lei suggerisce “sabaka” (СОБАКА), che vuol dire cane. Qualche minuto prima che ci disperdessimo è uscito dall’ambasciata un omino burocratico che, indicandoci con un’alzata di mento, ha chiesto spiegazioni a un poliziotto.
Ale