Ieri io e Flea (ma non il bassista dei RHCP) abbiamo partecipato alla sbiciclettata antifascista organizzata dall’Antifaschistische Iniziative Moabit in occasione della Giornata di commemorazione per le vittime del fascismo (seconda domenica di settembre). Siamo partiti dal monumento di Plötzensee, dove dal 1933 al 1945 furono giustiziati dai nazisti 2.891 oppositori politici. Eravamo in pochi, meno di cento. La maggior parte delle persone aveva più di cinquant’anni. Mi sarei aspettato più partecipazione da parte dei vari gruppi antifa berlinesi. Forse si sono fatti spaventare dall’orario (le 11.00 di domenica mattina) o forse non condividevano la linea politica degli organizzatori. Saremo stati in quindici sotto i trent’anni. Due portavano delle enormi bandiere della Vereinigung der Verfolgten des Naziregimes (Associazione dei perseguitati dal regime nazista). Prima di abbandonare Plötzensee gli organizzatori hanno distribuito bandierine di carta fatte in casa da attaccare alla bici. Io e Flea ci siamo scelti tra i pochi esemplari rimasti i più antideutsch, rispettivamente: “Deutschland? Nie wieder!” e “Nie wieder Deutschland!”. Durante il percorso saremmo poi stati apostrofati da un settantenne che correva con noi e ci chiedeva spiegazioni sugli slogan che sbandieravamo. È stato difficile difendere un’idea che non condivido, ovvero che non basta essere antinazionalisti, bisogna essere specificatamente antitedeschi in quanto tedesco è uguale fascista. Il signore si è congedato dicendoci che va bene essere contro la Germania nazista, ma contro la Germania in generale no. "È la mia patria", ha concluso, e ha quindi ripreso a pedalarci davanti.
La prima tappa di questo tour storico commemorativo in bicicletta è stata la casa dove visse Ottilie Pohl, parlamentare ebrea del Partito socialdemocratico indipendente uccisa a Theresienstadt. La seconda lo scalo merci di Moabit, una delle stazioni della capitale, assieme a Grunewald e Anhalter Bahnhof, da dove partivano le deportazioni per i campi di sterminio. La terza il monumento davanti alla nuova stazione centrale: un luogo molto inquietante. Un parco circondato da un muro di cinta in mattoni rossi dove dagli anni ’50 del diciannovesimo secolo fino agli anni ’50 del ventesimo sorgeva un carcere speciale di isolamento consistente di sole celle singole. Vi soggiornarono indipendentisti polacchi, l’uomo che attentò alla vita dell’imperatore Guglielmo I, diversi protagonisti della Novemberrevolution e del complotto del 20 luglio, dopo la fine della Seconda guerra mondiale qualche nazista. Fu demolito tra il 1957 e il 1958. Nel parco che lo sostituisce regna una quiete irreale. I colori sono il verde del prato inglese, il grigio degli elementi architettonici che ricordano la struttura del carcere e la ricostruzione di una cella, il rosso dei mattoni della cinta muraria e il bianco su cui spicca la citazione di un verso scritto in carcere da uno dei suoi detenuti illustri, giustiziato senza processo nel ’45.
La quarta tappa è stato l’incrocio tra la Friedrichstrasse e la Taubenstrasse, dove negli anni ’30 e ’40 la “gioventù swing” ballava il jazz, la “musica degenerata” dei negri, al café Imperator. La ragazza col megafono dell’Antifaschistische Initiative Moabit ha descritto i frequentatori di questo locale come dandy di cultura liberal-borghese che non facevano resistenza attiva al regime nazista ma da questo venivano perseguitati in quanto esponenti di una cultura decadente e incompatibile con l’ideologia nazista. Venivano messi nello stesso calderone degli artisti delle avanguardie. Amavano vestirsi bene (si riconoscevano dai pantaloni a scacchi e da un ombrello che portavano sempre chiuso a mo’ di bastone da passeggio) e sognavano dell’America. Molti di loro riuscirono a vivere indisturbati, altri finirono in prigione o nei campi di concentramento.
La quinta tappa è stata Hausvogteiplatz, centro della sartoria berlinese che ebbe la sua massima espansione degli anni ’20 e ’30, diventando, prima che i nazisti facessero piazza pulita, uno dei settori economici più importanti per la città. La quasi totalità delle attività commerciali che si raggruppavano attorno a questa piazza erano gestite da ebrei. Secondo gli organizzatori furono questi sarti e imprenditori a creare in città lo shopping moderno: produzione di massa di vestiti alla moda a prezzi abbordabili che venivano poi venduti nei centri commerciali. Anche le esportazioni erano notevoli. Con l’avvento al potere dei nazisti iniziarono pogrom e provvedimenti di arianizzazione delle attività commerciali. Nel 1939 la piazza era completamente ariana, e la sartoria berlinese morì.
Per l’ultima tappa abbiamo sostato sul prato tra il tribunale di Mitte e le rovine del monasatero francescano di Klosterstrasse e abbiamo ascoltato delle sorti dell’avvocato Hans Litten, che nel 1929 osò accusare di omicidio il capo della polizia berlinese (durante le manifestazioni del Primo Maggio la polizia uccise 30 persone), nonché nel 1931 attaccare frontalmente Adolf Hitler difendendo i lavoratori che erano stati aggrediti dalle squadre d’assalto (SA) in un locale di Charlottemburg. Hitler non dimenticherà l’affronto e farà arrestare Litten la notte dell’incendio del Reichstag. Da allora l’avvocato fu trasferito da un campo di concentramento all’altro. Lo trovarono impiccato in una latrina di Dachau nel 1938.
A questo punto ci siamo salutati e ci siamo tutti trasferiti al Marx-Engels-Forum di fronte al municipio centrale, dove ci aspettavano una trentina di stand infomativi, un palco e varie mangiatoie. Mentre io e Flea incatenavamo le nostre biciclette, una signora tedesca appena scesa da una corriera di turisti mi ha chiesto chi fosse tutta quella gente. Le ho spiegato della Giornata di commemorazione per le vittime del nazismo e del nostro giro in bici appena conclusosi. Quando le ho chiesto se voleva un volantino mi ha risposto: “Sa, io faccio parte di una generazione che a queste manifestazioni era obbligata a partecipare. Mi creda, non serve a niente. Lasciate perdere.” E se n’è andata.
Ale