L’altra sera sono andato a vedere con Lupo, M. e il Project Manager questo film sulla scena musicale di Berlino Ovest negli anni ottanta: B-Movie. Lust & Sound in West-Berlin 1979-1989. Molto bello: guardatelo se vi capita, con accento rispettivamente sulla seconda e prima “a”.
Usciti dal cinema siamo andati a mangiare una pizza e abbiamo discusso del film. Si sono dette varie cose, ma io in particolare vorrei appuntarmi qui questa riflessione.
Parlando con M. e il Project Manager, io e Lupo abbiamo realizzato di essere arrivati a Berlino 13 anni fa senza alcun preconcetto sulla città. Non sapevamo praticamente niente di Berlino, se non che aveva una scena artistica molto vivace e una scena gay altrettanto dinamica. L’avevamo visitata (separatamente) a metà degli anni novanta, quando ancora non ci conoscevamo: vi avevamo trascorso un paio di giorni e a nessuno dei due aveva lasciato un’impressione degna di nota. Che il nostro trasferimento a Berlino nel 2002 sia stato un salto nel vuoto già lo sapevo, ma mai prima d’ora avevo pensato al fatto che tutto ciò che so e tutto ciò che amo di questa città esiste dal 2002.
Ecco, ho detto davanti a questa pizza neanche tanto buona, io avevo giusto Cabaret di Bob Fosse come unico riferimento di un certo peso, ma di sicuro non sono arrivato qui spinto dal desiderio di ritrovare o rivivere quella Berlino. Per Lupo c’erano i ricordi di Camere separate di Tondelli, romanzo che tra l’altro non aveva affatto apprezzato.
Arrivati a Berlino non avevamo nessun luogo di pellegrinaggio da visitare, nessun fantasma da cercare, nessun mito da toccare con mano. Avevamo certamente delle aspettative, delle speranze, dei sogni — e basta con queste sequenze di tre! — però esse non erano legate ad alcun immaginario predefinito ed esterno a noi. Solo più tardi, dopo i primi mesi e anni in città, abbiamo saputo degli anni gloriosi della Prussia e di Metropolis, delle incredibili vicende del cielo diviso o delle meravigliose gesta dei vari Karl Friedrich Schinkel, Magnus Hirschfeld, Rio Reiser ed Ellen Allien.
Eravamo partiti dall’Italia con una vaga (ma fortissima) sensazione che Berlino potesse essere il luogo che faceva al caso nostro, e così poi è stato. Ci siamo innamorati molto in fretta della città e abbiamo iniziato subito a esplorala in lungo e in largo: Lupo soprattutto fisicamente, a piedi e in bicicletta, io soprattutto sui libri. Abbiamo amato la Berlino del presente e quella del passato: grazie alle letture, agli amici tedeschi e alla nostra iniziativa personale, abbiamo pian piano capito cosa ci stava attorno e come vi si fosse arrivati, abbiamo scoperto la storia della città e conosciuto i personaggi che l’hanno popolata in passato. È tra l’altro un processo ancora in atto.
Mentre per M. e il Project Manager è stato diverso. Soprattutto M. ci ha illustrato il bagaglio di immagini e storie che si portava dietro quando arrivò in città; bagaglio che in gran parte era legato proprio agli anni raccontati in B-Movie. Per sua fortuna, nessuno dei miti cittadini che aveva maturato in assenza si sono poi frantumati in presenza. Se ne sono anzi aggiunti di nuovi, nati in loco come è stato per me e Lupo.
Tornando in chiusura al tema specifico del film, segnalo a chi è interessato alla Neue Deutsche Welle e agli anni ’80 berlinesi questa mostra alla Haus der Kunst di Monaco: Geniale Dilletanten, 26 giugno – 11 ottobre 2015