Finalmente ho raccolto le foglie cadute lo scorso autunno. Tredici sacchi da 120 litri ho riempito – due con l’aiuto di Lupo. Ho anche potato il nocciolo. La vera rogna sono le ghiande della quercia dei vicini. Se non le raccolgo regolarmente, poi d’estate mi crescono decine di quercine. Ma dove sono le due ghiandaie che giravano da queste parti l’anno scorso when you need them?
Qui la prima porzione di giardino liberato da foglie e ghiande (sullo sfondo, da sinistra, la fossa del bokashi abbandonato e la canoa che la stronza famigliola che usa il giardino come fosse una cantina ha incatenato alla rete l’estate scorsa):
Che poi non è nemmeno brutta quella canoa messa lì, anzi. Ma il punto è che davvero sono degli egoisti del cazzo questi giovani studenti lavoratori verdi con le loro bambine. Nemmeno hanno chiesto se era okay incatenare una canoa a tempo indeterminato alla rete del giardino, tra l’altro proprio sopra le piantine (felci?) che l’altra verde del condominio aveva interrato (e poi abbandonato al loro destino) due anni fa e ora stanno ricrescendo. Comunque, chiesto o non chiesto, la cosa che mi turba è che con questa canoa creino un precedente e prima o poi tutti scarichino in giardino le cose che non gli stanno in casa.
A proposito invece della piaga delle ghiande, le “puttane polacche”, come le definì il nostro dirimpettaio, che vivevano qui prima di noi (in realtà, come ho già avuto modo di scrivere, fu un accademico tedesco a lasciarci questo appartamento dieci anni fa) avevano trascurato il giardino per tanto tempo che la prima volta che io e Lupo ci mettemmo mano dovemmo farci strada a colpi di machete tra le quercine diventate quercette. Questo per dire che bisogna starci dietro, altrimenti prendono il sopravvento e ci si trova un bosco fuori dalle finestre di casa.
Raccogliendo foglie e ghiande, ho trovato 54 centesimi (una moneta da 50 e due da 2), qualche involucro di plastica, le asticelle dei razzi dell’ultimo 31 dicembre e diverse palline da albero di Natale lanciate dalla finestra da uno dei miei cari condòmini. Le ho appese a un ramo del nocciolo, che di suo è una pianta alquanto insulsa.
Bene. Una volta ripulito il giardino, i gatti dei vicini (gli stessi della quercia) sono tornati a cagare di fronte alle mie finestre:
Poi, come si nota dalla foto qui sopra, coprono tutto con la terra, eh. Non sono rigorosissimi nel coprire, ma che ci vuoi fare? M. mi consiglia di annaffiare il giardino di ammoniaca. Il fatto è che qui non la vendono al supermercato. E poi voglio davvero impestare il mio giardino più di quanto già non lo sia? A proposito di canoa invece, in questa foto sta proprio bene, col gatto e tutto quanto. Vedi che alle volte non tutti i mali vengono per nuocere?
Sotto le foglie che si erano accumulate attorno al tavolo da giardino dei D. ho trovato una tovaglia tutta strappata e maculata di muffa nera. L’ho stesa su quella inutile ma bella struttura fatta a Π dove vanno a suicidarsi i passeri e le cinciallegre e lì l’ho lasciata per una settimana. La butto? Non la butto? Lupo mi diceva: “Ma buttala!”. Ho chiesto al figlio della ex hausmeisterin, ora hausmeister, se per caso fosse loro. “Nö”, ha risposto. Sarà dei D.? Ieri mattina mi sono svegliato e la voglia di prenderla e sbatterla nel cassonetto del misto era forte e ruggente. Invece di cedere a questa voglia, ho scritto un messaggio che poi ho appeso in corridoio:
— Car* vicin*, di chi è la tovaglia bianca che c’è nel giardino posteriore? È lì per terra dall’estate scorsa ed è tutta ammuffita. Pensavamo di buttarla, se per voi è okay. Tanti saluti, Ale e Lupo* (piano terra, sin)
Mezz’ora più tardi, mentre raccoglievo ghiande e facevo a pezzi i rami potati del nocciolo, è arrivato il signor D., che nel suo tedesco approssimativo mi ha detto: “È delle bambine la tovaglia. Buttala. È qui da un anno. Quelli del terzo piano. Buttala, guarda in che stato è!”.
Di nuovo la famigliola del cazzo quindi. Un giorno o l’altro dovrei mettermi lì e, con calma, cercare di stilare il loro profilo psicologico. Dei genitori, intendo. Le bambine sono un altro paio di maniche. Così, senza rifletterci troppo, mi verrebbe da dire che quantomeno la mamma è una di quelle giovani genitrici berlinesi che credono di essere padrone del mondo solo perché hanno messo al mondo un potenziale futuro cancelliere, o cancelliera. I peggiori tra i neogenitori stronzi sono quelli che fanno la spesa 100% bio. Oh, sarà un caso che nei supermercati bio nessuno mi ha mai chiesto se volevo passare avanti alla cassa visto che avevo un cartone di latte e un pacchetto di patatine e loro un carrello pieno fino all’orlo? Ah, no, aspetta: proprio la settimana scorsa un babbo con figlio mi ha detto di passare. Sì, comunque uno contro i cinquanta e passa dei supermercati normali.
Mah. Forse dovrei piuttoso lavorare sul mio profilo psicologico, che non ho il coraggio di buttare via una tovaglia evidentemente abbandonata per paura che poi il proprietario un giorno possa venirmi a dire: “Ma come si è permesso di gettare nella spazzatura la mia tovaglia? No, ma dico: scherziamo?”, e invece di prendermi la responsabilità di giudicare la tovaglia in questione rinnegata e dimenticata e di conseguenza, visto il suo stato irrecuperabile, buttarla via e poi eventualmente spiegare le motivazioni della mia scelta, appendo un foglio in corridoio per sincerarmi che nessuno possa in futuro aversene a male e, una volta ricevuta la benedizione del signor D., che non ha nessuna voce in capitolo, prendo la tovaglia e la infilo con grande soddisfazione nell’ultimo sacco da 120 litri assieme a ghiande, foglie e rami.
Questa mattina, quando è suonata la sveglia, io e mio figlio eravamo fermi a un incrocio, ognuno sulla propria bicicletta: dovevamo svoltare a sinistra e aspettavamo che le macchine che ci venivano incontro sull’altra corsia passassero tutte… E se poi tuo figlio, quando gli insegni a muoversi in bicicletta nel traffico cittadino non si ferma in tempo, non vede l’auto che arriva, non sente l’autobus… Oddio! Ho pensato: che cazzo ne so io di cosa vuol dire avere un figlio? Doverlo proteggere, sfamare, educare, portarlo in canoa a conoscere il mondo.
* Per motivi burocratico-amministrativi, non mi va che si sappia che Lupo non vive più qui
Ale