Grazie a tutt*!
07 domenica Apr 2013
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in07 domenica Apr 2013
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in05 venerdì Apr 2013
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inLo scorso weekend Lupo e M. hanno fatto due gite andata-e-ritorno-in-giornata a Wannsee e Wittenberge/Bad Wilsnack, lungo l’Elba, mentre io sono stato nello Schwarzwald, all’estremità opposta della Germania, dal Venerdì Santo al Lunedì dell’Angelo. Ho dormito a Ettenheim, da due signori squisitissimi che meriterebbero un post a parte. Ho fatto diverse passeggiate (la più lunga di circa 17 km), sono stato al cinema a Offenburg con i miei ospiti (rassegna mensile di cinema gay) e ho cenato con loro ogni sera, chiacchierando amabilmente dei temi più disparati, molti dei quali poco battuti nella mia normale cerchia di amici; due su tutti: monasteri e motori. Della Foresta Nera, che visitavo per la prima volta, ho visto in realtà solo il contorno agricolo centro-occidentale, lungo la Fossa Renana. Sono arrivato lì assolutamente impreparato, non avendo avuto tempo né voglia di documentarmi come faccio di solito prima di un viaggio, e piuttosto infastidito, dal tempo (più caldo che a Berlino ma con un cielo decisamente coperto e una natura ancora in gran parte bruciata dall’inverno) e da uno strano malessere. Me ne sono tornato a Berlino molto soddisfatto, pur non avendo visto quasi niente della Foresta Nera vera e propria e nemmeno uno dei trecento galli cedroni che la abitano: soprattutto il cambio di paesaggio e la convivenza con questi due tesori, così diversi da me e così affettuosi, hanno giovato al mio spirito.
Ma diamo inizio allo slideshow. Dal finestrino del treno il paesaggio, da Berlino a Kassel, era bianco.
Tra parentesi, l’anello che vedete al centro dell’immagine è la corona dell’obiettivo della mia JVC GC-FM1 (tra parentesi, regalo di Lupo e M.) premuta contro il vetro del finestrino. Chiuse le parentesi e tornando al paesaggio, un po’ alla volta dal bianco sono cominciati a spuntare del verde e del marrone.
Fino ad arrivare a questo tipo di paesaggio:
Ecco, questi sono i colori che ho poi trovato a Ettenheim e dintorni, giusto un po’ più smorzati da una leggera foschia.
Una delle prime cose che ho notato, camminando dalla stazione di Orschweier a Ettenheim, è stata la presenza di crocifissi lungo la strada. Molto esotici per il mio occhio berlinese, meno per quello bellunese.
Soprattutto agli incroci, quasi sempre in pietra rossa e quasi sempre con un teschio (Golgota o Adamo?) sotto il Cristo.
Questo qui sotto sta fuori dalla cappella di Maria Addolorata di Kahlenberg (1650/60), fatta costruire da un devoto locale dopo la Guerra dei trent’anni.
La chiesetta di Kahlenberg ha costituito la punta occidentale della mia prima escursioncina, intrapresa nel tardo pomeriggio di venerdì, dopo aver lasciato lo zaino a casa dei miei ospiti H. e J. È stato nel corso di questa passeggiata per i vigneti a sud di Ettenheim che mi sono reso conto di non essere in piena forma. In cima alla torretta panoramica dell’Heuberg mi sono concesso una fantasia di suicidio; col senno di poi, tappa di un processo depurativo/rigenerativo. [Avviso ai minori e ai deboli di cuore: l’importante è che rimanga una fantasia, eh. Mi raccomando!] Mi girava la testa, sudavo, mi facevano male i polpacci, le caviglie e la pancia. Ciononostante sono riuscito ad apprezzare la qualità della terra di quelle colline, così diversa dalle sabbie del Brandeburgo. Così grassa e umida che mi veniva voglia di mangiarla.
Qui un campo che avrei visto due giorni dopo tra Schmieheim e Wallburg:
La passeggiata del venerdì si è conclusa con l’attraversamento di uno strano sentiero scavato in una collinetta. Nei giorni successivi ne ho visti molti altri e ho poi scoperto che si chiamano Hohlweg.
In questi sentieri incavati la terra è umida da un lato e secca dall’alto. Immagino dipenda dalla diversa esposizione al sole. Qui una parete secca:
Lasciata la campagna alle mie spalle, prima di rientrare a Ettenheim ho visto la mia prima sede di Schützenverein, questi misteriosi e in parte inquietanti club maschili di tiro a segno.
Come dicevo prima, la sera di venerdì sono poi andato al cinema a Offenburg. Ero stanco morto e avevo la testa pesante, ma quando, mangiando la zuppa di patate e pancetta preparata da H., i due mi hanno proposto di andare con loro a vedere Parada e mi hanno spiegato che si trattava di una rassegna cinematografica organizzata da un’associazione gay di Offenburg, ho pensato che non potevo lasciarmi sfuggire questa occasione di conoscere la scena locale.
Il giorno dopo, visto che ancora non mi sentivo bene, ho pensato di limitarmi a un giretto in paese. Ettenheim ha un centro storico barocco molto grazioso.
In questa casa sembra sia nato il teologo Johannes Gremper, assistente di Heinrich Kramer (1430-1505 ca.), autore del malefico Malleus Maleficarum:
Questa la casa parrocchiale (1776/77):
Qui un Giovanni Battista del 1771, a destra dell’altare maggiore della chiesa di S. Bartolomeo:
Qui un albero visto nel cimitero di S. Bartolomeo:
La passeggiata del sabato si è conclusa con una visita al giardino botanico, ancora in letargo invernale, dove il duca d’Enghien amoreggiava con la principessa Carlotta di Rohan-Rochefort e all’azienda vinicola Weber, dove ho comprato un blanc de noirs per i miei ospiti. Dopo cena (risotto porro e salsiccia preparato da me, crema di broccoli come antipasto e arance e banane caramellate come dessert preparate da H.), abbiamo guardato La papessa (lo davano su Das Erste, il primo canale nazionale tedesco). Dopo il film, sono uscito a fumare una sigaretta e ho fatto una passeggiata fino al centro del paese. Pioveva appena, le strade erano deserte. La sigaretta mi faceva girare la testa. Pensavo al film, ma soprattutto a niente. Dall’alto di un edificio rosso ho visto all’improvviso questo san Nicolò scintillante che mi guardava, illuminato da un faro scenografico. Non ho potuto non fotografarlo; con il mio pessimo cellulare, visto che la macchina fotografica l’avevo lasciata a casa.
A casa da H. e J. ho poi scoperto che si tratta di Etto von Straßburg, che viene considerato il fondatore di Ettenheim, e che quella è la facciata del municipio. L’ho poi fotografato meglio lunedì mattina, prima di partire. Unica giornata di sole di tutto il weekend, tra l’altro.
E qui ancora con la chiesa di S. Bartolomeo sullo sfondo, sempre lunedì mattina:
Domenica mattina mi sono svegliato e il cielo era ancora coperto. Il giorno prima di partire da Berlino le previsioni dicevano che a Pasqua sarebbe uscito il sole. Va be’, ho pensato, io faccio comunque la camminata lunga che avevo programmato (cerchio superiore dell’escursione a 8 “Barock und Natur“, gentilmente scovata da Lupo). Sono uscito di casa abbastanza tardi (11:00) e la camminata è iniziata malino (attacco di diarrea), ma una volta liberatomi dietro un cespuglio a circa 1,5 km da casa di H. e J., mi sono sentito come rinato, almeno per un paio d’ore, e alla fine sono stato in giro fino alle 17:30, aggiungendo al percorso circolare anche due deviazioni. Anche in questo caso mi sono mosso ai margini di bosco e montagna, in una campagna parzialmente industrializzata che mi ricordava molto il mio Veneto.
Vicino al villaggio di Wallburg, tra gli alberi, una chiesetta per onorare i “non tornati” della Seconda guerra mondiale:
A destra dell’altare una crocifissione dell’artista Karl Pallad che ritrae un certo Jörg, soldato tedesco crocifisso in un campo di prigionia sovietico per aver rubato 300 grammi di pane.
Appena mi sono addentrato un attimo nel bosco (Brudergarten), ho incontrato Hänsel e Gretel, moltiplicati per 3 Gretel e per 2 Hänsel: praticamente una baby gang silvana. In questo caso chi si era perso ero io: non capivo a che punto del sentiero, tra Wallburg e Münchweier, mi trovassi. Stavo quasi per chiedere ai bambini, che chiaramente conoscevano quel bosco come le loro tasche, ma mi sono fatto spaventare dal “Kennen wir uns?” pronunciato con una certa sfrontatezza da una delle tre Gretel e quindi ho lasciato perdere. Tanto non mi ero davvero perso: il sentiero era ben segnato. Giusto volevo capire in quale punto preciso della mappa ci trovassimo in quel momento.
Poco più avanti, mi sono imbattutto in questa misteriosa capanna:
Sulla sinistra un disegno infantile a colori su cartoncino strappato, a destra della porta (lucchettata) l’impronta di una manina (vernice bianca). Da una finestrella sulla parete posteriore si poteva sbirciare dentro la baracca: si vedevano delle strutture colorate con vari ripiani, molto simili a quei castelli da gioco per gatti da appartamento.
Rientrato a Ettenheim verso le 17:30, sudato come un cammello malato, mi sono reso conto che il fatto di aver perso le mie cartine da tabacco durante l’escursione non mi lasciava del tutto indifferente. Preso dalla smania di fumare, ho perlustrato il paese in lungo e in largo alla ricerca di un distributore di sigarette che vendesse anche cartine, meglio se di tipo B. Niente. L’ultimo tentativo è stata questa kneipe vicino a casa di H. e J., dove ho bevuto una birra di cortesia e comprato un pacchetto di Gauloises blu.
Tra doccia e cena, ho dormito due minuti di numero. Per cena: croque-monsieur, con ananas per H. e J., e mele al forno.
La mattina di lunedì mi sono svegliato presto e ho fatto un’ultima passeggiata in paese, per fotografare il municipio con il sole. Già che c’ero, ho fotografato anche lo Schläfer (dormiente): un Cristo gotico proveniente dalla prima chiesa di Ettenheim, ora inserito nella facciata di una casa privata in Ettikostraße.
Prima di accompagnarmi in stazione, H. e J. hanno voluto fare una breve scampagnata a tre. Mi hanno portato a vedere il loro orto sulla collina di Heuberg e poi io e J. siamo saliti assieme sulla torretta panoramica: “I Vosgi, l’Europa-Park, il Reno oggi non si vede”. Ero molto triste di partire.