Il 2014 fu senza dubbio un anno di merda, sostengono svariati storici di fama internazionale. Preferisco non nominare detti storici: sono sicuro che poi mi si accuserebbe di fare dell’antipatico name-dropping. Fidatevi e basta.

Il 2015 è iniziato per me con una rinnovata crisi esistenziale: meno inerte di quella dell’anno scorso, ma forse più estesa, più profonda. Tocca il mio lavoro, il posto in cui vivo, i miei affetti, cuore e intelletto, presente passato futuro. Metto in discussione la mia capacità di guadagnarmi da vivere e tutte le mie abilità.
La mia creatività è atrofizzata. Il mio corpo è un campo di battaglia. Forse sto cambiando pelle.
Il ritorno del fungo mi fa pensare che è ora di “cambiare aria”, ma come metto in pratica concretamente questa metafora?
C’è anche da dire che a dicembre compierò 40 anni…
C’è di buono che ho finalmente superato il blocco della dichiarazione dei redditi, e che riesco di nuovo a leggere. In questo momento sto leggendo quattro libri contemporaneamente:

Hand to Mouth di Paul Auster: è la cronaca della nascita di un autore, infarcita di fallimenti, problemi di soldi, culi fatti a capanna, persone incontrate lungo il cammino, problemi di soldi

Am kürzeren Ende der Sonnenallee di Thomas Brussig: credo sia il primo libro che ho comprato qui a Berlino; ho iniziato a leggerlo un paio di settimane fa per far contenta una parte di me che vuol far contenta una certa persona. Parla di un gruppo di adolescenti di Berlino Est che vivono lungo la sezione sud-orientale (quartiere di Baumschulenweg) della strada che da 13 anni a questa parte attraverso ogni volta che devo prendere la metropolitana o fare la spesa nel mio supermercato preferito

Dutch Still-Life Painting in the Seventeenth Century di Ingvar Bergström: per approfondire una mia passione (ho ancora qualche passione) e per documentarmi in vista di una strana cosa che intendo fare il prossimo anno (è bello avere un altro progetto, un traguardo, oltre a quello di completare il libro illustrato per il mio secondo nipotino)

Left Out: The Politics of Exclusion – Essays, 1964-1999 di Martin Duberman: cazzo, vedo ora che esiste una nuova edizione ampliata (1964-2002). Va be’, pazienza.

Tra le cose viste e ascoltate ultimamente vorrei segnalarvi questo podcast del New Yorker dove Edwidge Danticat legge Girl di Jamaica Kincaid.
“(…) And if this doesn’t work, there are other ways. And if they don’t work, don’t feel too bad about giving up (…)”.

Ma passiamo a parlare di cose da blogger berlinese ortodosso quale non sono.

L’evoluzione della Weserstraße ha raggiunto un nuovo stadio con l’apertura della libreria Topics: una sorta di curated bookshop. Alle tante kneipe, agli spazi di coworking e a qualche negozietto hip si è ora aggiunto un concept store culturale. Ovviamente con reading ed eventi vari. “A questo punto manca solo una galleria d’arte”, ho detto a MA la sera dell’inaugurazione. Se tutto procede come previsto, in autunno aprirà anche il cinema dell’amica di L. e a quel punto davvero il mio quartiere non sarà più quello che era fino a 6, 7 o 8 anni fa (ho perso il conto).

Proseguiamo, e chiudiamo, con un po’ di appunti fotografici.

1. Neukölln, febbraio 2015

1.1 Sulla Sonnenallee con MA

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1.2 Sulla Weserstraße, mi sembra, da solo

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1.3 Nel parchetto di Wildenbruchplatz, mattina nebbiosa

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1.4 Sempre Wildenbruchplatz, tre giorni dopo

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2. Neukölln, marzo 2015: il primo croco dell’anno nel mio giardino

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3. Müggelsee, marzo 2015: a spasso con Lupo e signora

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4. Adlershof, marzo 2015

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5. Lichterfelde West, marzo 2015: nel quartiere residenziale dove ha sede lo studio dei miei dentisti ti vendono lo spadone trevisano a 13 euro al kg e la libreria di fronte alla stazione cerca di attirare le lettrici locali con i cazzi dei Bismarck

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6. Neukölln, marzo 2015

6.1 Nella kneipe preferita del vicino caduto dalle scale è comparso un convitato di plastica

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6.2 Le candele bianche IKEA piangono petrolio

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6.3 La cosa più straziante che succede nel mio giardino

Di fronte alla finestra della mia cucina c’è questa struttura di metallo il cui scopo non ho mai afferrato:

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Fino a qualche anno fa la signora D. la usava per stendervi tappeti e lenzuola. Poi a un certo punto ha smesso di farlo, e solo lei conosce il perché. Da quel momento in poi quel coso di metallo arrugginito tutt’altro che brutto non sembra avere alcuna utilità per nessuno.

La misteriosa struttura è composta di tubi vuoti:

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E la cosa più straziantemente tragica che succede nel mio giardino è la seguente: ogni tanto — direi più o meno due volte l’anno — mi capita di vedere dalla finestra della cucina un uccellino — passeri o cinciallegre, ma soprattutto cinciallegre — infilarsi nel buco sinistro del tubo orizzontale superiore e non uscirne più.
La mia idea è che l’uccellino una volta arrivato all’intersezione con uno dei due tubi verticali vi si infili per un’innata curiosità esplorativa o per qualche automatismo a me sconosciuto. A quel punto è intrappolato: non riesce più a risalire il tubo e muore di fame, sete e/o paura a testa in giù, probabilmente con il becco infilzato nel cadavere del precedente malcapitato.
Ogni volta che assisto dalla finestra della mia cucina a questo tragico errore muoio di crepacuore.

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L’ultima volta mi sono chiesto: non sarà meglio che vada a tappare l’ingresso del tubo con, tipo, una palla di carta stagnola? E poi: e se invece gli uccelli dopo un po’ escono e semplicemente io non ho mai aspettato abbastanza a lungo alla finestra per vederli uscire? Se magari lì dentro hanno un nido e sono in grado di accedervi senza problemi e senza problemi tornar fuori all’aria aperta ogni volta che lo desiderano?
Non so che fare. Ho anche fantasticato di noleggiare una fiamma ossidrica e smantellare tutto.